Avrei un paio di titoli in mente ma sarebbero entrambi troppo disgustosi…

Ci sono giorni proprio di merda. E oggi è uno di quelli. La gola mi brucia. La testa mi scoppia. Mi fanno male persino le palpebre. E poiché non mi piace andare in giro ad ostentare l’ennesima influenza ho deciso che utilizzerò questo blog come lamentatoio ufficiale. Il che dovrebbe conferirgli un certo spessore quanto ad utilità… E’ quel gran figo di Kid_A che mi ha attaccato questa porcheria. Ha visto due giorni di sole e ha ben pensato di andare al lavoro in maglietta e pantaloni corti. Non ha il fisico. E io anche meno. Perciò nonostante a casa nostra si viva e si dorma a turno, mi ha ammorbata all’istante. Dio benedica il fine settimana. Che passerò a letto cercando una posizione comoda in cui addormentarmi. Senza trovarla per i più svariati dolori articolari. Ma anche no. Kid ha adocchiato un ristorante. E l’ha eletto a nostra indifferibile destinazione per domani sera. Come se fosse l’ultimo weekend della nostra vita. Anzi ha già prenotato. Fregandosene dell’opinione contraria del mio stomaco. Doveva assicurarsi che, come da menù, servissero il piccione. Cioè, che schifo. I piccioni sono gli animali più sporchi del mondo. Fossero maiali o vitelli basterebbe un bel getto d’acqua per dargli una lavata pre-macellazione. Ma i pennuti, con tutte quelle piume… E poi possono vantare gli escrementi più tossici del west.

Ho già scritto del matrimonio delle colombe? Qui all’Oratorio non si sposa nessuno. Inshallah. Ma all’Obitorio era un tripudio di “Finché noia non ci separi” (parrebbe infatti che la maggior parte dei matrimoni non finisca a causa delle corna. Deludente: non trovate oh miei assidui lettori?). E non mancavano gli amanti dei grandi classici da telenovela sudamericana. Tra cui la coppia che, in onore della purezza del proprio neocostituito legame, decise di liberare sei colombe. Sei, non giusto un paio per fare scena. Sei piccioni bianchi, in altri termini. Che nessuno venne a riprendere. Mica scemi. E le odiose creature presero residenza sulla Loggia del Fumo. Cagando ovunque. E costringendo me e Kollega A. ad alternarci nelle pulizie del Venerdì. Armati di scopa e secchiello dell’umido riempito di acqua calda e sapone per le mani ci cimentavamo nella lotta all’escremento tossico. Perdendo in partenza. Non che le armi a nostra disposizione fossero molto efficaci… Quindi parlatemi di cibo e vomito. Parlatemi di piccioni e vomito anche la cena di Natale del 1986.

Ma Kid_A è ottimista. L’Oracolo di Delfi deve avergli parlato. La sentenza è che starò alla grande ed avrò una voglia disperata di guardarlo ingozzarsi di piccione. Che poi a me la carne nemmeno piace. Nessun tipo di carne. La mangio solo perché non sono io a cucinare. E, come diceva mia madre, “O mangi sta minestra…”. Perciò mi adeguo. Ma questo Sabato no. Non ce la posso fare. E sto provando a giocare d’astuzia. Punto sul lato economico. E che dio me la mandi buona…

Con Kid abbiamo parlato per almeno un anno dell’idea di ristrutturare il bagno. Ma la cosa rimaneva lì. Incastrata nel posticipo del posticipo del posticipo… Poi un giorno lui legge su Internet di un’attrice deceduta a causa di un batterio che proliferava silenziosamente nella sua abitazione. E decide che i residui di muffa sulle pareti del bagno, quelli che nemmeno l’acido muriatico riesce più ad eliminare, potrebbero ucciderci da un minuto con l’altro. Il che mi sembra un filino eccessivo. A sostegno della sua tesi vengo obbligata a leggere la storia della donna che sembra essere deceduta per un infarto fulminante. Non poi così convincente, in fin dei conti. E decido che abbiamo bisogno di dormirci sopra. Ma l’indomani lui non sembra avere nessuna intenzione di desistere. Che ristrutturazione sia, gli dico. E fin qui tutto bene. Ma, sul lato pratico scopriamo che un metro quadro di piastrelle costa cento euro e un bidet trecento. Il che fa scoppiare un prevedibile conflitto. Lo svolgimento è meno scontato di quanto mi aspetti. Invece che dire apertamente quello che pensiamo ci areniamo sull’”Allora facciamo come vuoi tu…”. La morte per eccellenza di ogni confronto costruttivo. Anni fa i miei ristrutturarono l’intera casa. Senza divorziare a fine lavori. La cosa all’epoca non mi parve più di tanto eccezionale. Adesso invece mi trovo a chiedermi come siano riusciti a sopravvivere. Ovvero chi dei due abbia ceduto alle pretese dell’altro.

Non che la cosa mi incuriosisca realmente. Mi interesserebbe molto di più riuscire ad instillare in Kid_A un po’ di buon senso. Non quanto al rifacimento del bagno. Lì la causa sarebbe persa in partenza. Ma almeno sul piccione. Provo a suggerire che sarebbe utile evitare spese accessorie. Lui è andato in fissa. Cancellare la prenotazione? Non esiste al mondo… Anzi mi contrattacca a suon di ottime recensioni del Piccione Restaurant. Quelle negative si guarda bene dal riferirmele. E intanto l’ennesimo elettricista, piastrellista o idraulico lo chiama al cellulare. Sul mio i numeri di tutti questi professionisti del furto legalizzato sono finiti sulla lista nera dei respinti in automatico. Dal momento che io e Kid non abbiamo una linea comune e poiché di avere il bagno rosa piuttosto che azzurro non mi frega granché, ho adottato la strategia della lumaca. Mi sono ritirata nel mio guscio. Faccio la vaga e lascio che sia lui a gestire l’ingestibile. Mi limito ad annuire di fronte ad ogni piastrella, rubinetto o sanitario che mi sembra di capire gli piaccia. E lascio a Kid ogni forma di relazione pubblica. Ma sul Sabato al ristorante non intendo fare nemmeno un passo indietro. E a riprova della mia determinazione questo post finisce così. Indefinito. Come tutti i suoi “fratelli”. Ma questa volta stranamente per una buona ragione. Devo vomitare…

P

Titoli utili per post inutili: volevo scrivere che il mio blog forse è fuori dalle indicizzazioni e che sicuramente sarebbe meglio così, ma mi sono dimenticata di farlo


Durante gli ultimi giorni alcune vicissitudini personali, legate al mio rapporto con il Latitante ed ai rischi aggiuntivi generati da una convivenza piuttosto carente di spazi privati, e di spazi in assoluto, mi hanno portata a fare un po’ di modifiche alla mia abitazione virtuale. Del resto è primavera, tempo di cantieri edili, ristrutturazioni messe su all’ultimo minuto. Come la mia. Figlia di un colpo che mi ha fatto perdere una decina di anni di vita. Morirò giovane e sarà colpa del web e di centinaia di altre cose che ultimamente mi fanno saltare i nervi con la stessa frequenza con cui mi accendo una sigaretta. E io sono una fumatrice molto incallita. Anche se “molto” è pleonastico. Anche se “incallita” mi fa pensare alla strega cattiva delle fiabe. Brutta, gobba, secca, itterica e con volto grinzoso. Del resto, non mi sembrerebbe poi tanto strano se finissi così. Solo che succederà molto prima che io arrivi alla legittima età della rottamazione. In ogni caso, ero certa che il Latitante avrebbe beccato il mio blog e mi sono messa a smanettare come se non ci fosse domani. E non ci sarebbe stato domani se avesse letto i miei sfoghi su di lui. Non che non me ne sarei fatta una ragione. Ricordo vagamente che era il giorno della Maratona di Boston. O del terremoto in Iran. O più probabilmente entrambe le cose sono successe nella stessa giornata. E i conti tornano. Posso essere egoista? Non ci ho capito nulla e quando ho realizzato cos’era successo non sono riuscita ad interiorizzare. O meglio, non l’ho fatto. E questo processo dovrebbe essere assolutamente istintivo. A me non importava. Non mi riguardava. La verità è che ultimamente può crollare tutto quanto intorno a me. Basta che non sia io a finirci sotto. Ho perso la compassione per l’umanità che soffre e muore. Ho perso anche la maschera giusta per la finzione perfetta. Quella nel cui nome si mette su la faccia straziata d’ordinanza. Ma le maschere sono pur sempre cartapesta. L’interpretazione è fondamentale. Altrimenti si pecca di settorializzazione. Perché anche nella morte ci dicono che esistono i “buoni” e “cattivi”. E si finisce col crederci. Quando magari erano tutti poveri cristi, in qualsiasi parte del globo fosse loro capitata la sventura di nascere. La verità è che è la nostra vita contro quella degli altri, di chiunque altro. Per istinto. Sempre. Ma ci hanno insegnato che conviene stare uniti, nel branco. E fingersi sconvolti. Ma solo in determinate circostanze. Sarà lo spazio che i telegiornali dedicano agli avvenimenti del mondo a dirci quando. E io devo essermi giocata tutte le carte della contrizione. Reale o fittizia che fosse. Forse dipende dal fatto che non guardo la tv. Sono diventata una stronza priva di interesse per i miei simili. Non pretendo di essere migliore. Sono stanca di fingere. Sono nata stanca. E con pessime capacità attoriali. E non sono mai stata troppo brava a maneggiare gli atteggiamenti di convenienza, a consumare frasi già consunte ed inarcare le sopracciglia per simulare sconcerto.
Comunque non era questo che volevo scrivere. In effetti mi capita raramente di buttar giù qualche riga secondo le mie iniziali intenzioni. Ammesso che ne abbia. Se c’è una cosa che mi riesce alla perfezione è perdermi nella mia testa, lasciandomi alle spalle il senso di ciò che volevo dire. Dimenticando completamente il mio pensiero iniziale, in favore di qualcosa di totalmente estraneo. Non sarebbe poi così tragico se la deriva cerebrale si attenesse alla scrittura. Ma purtroppo spopola nella vita, creando un’anarchia pericolosa. La stessa che ha messo a rischio la mia posizione “sotto copertura”. Comunque è filato tutto liscio. Almeno pare. Riformulo. Dev’essere così. Conoscendo il Latitante, so che non saprebbe fingere di non aver letto nulla. In questo siamo identici. Ed è la prima volta in mesi che mi ricordo di avere qualcosa in comune con lui. Un tempo ero certa che fossimo simili in tutto. Che non fossero necessari confini tra noi. Che tutto fosse condivisibile, anche il più intimo dei segreti. E adesso che tento con ogni stratagemma di riconquistarmi il mio spazio fisico e psichico, mi rivedo come una quindicenne al primo amore. Ma non avevo quindici anni. E non era il mio primo amore. O presunto tale. Il che significa che sono terribilmente recidiva. E nella web fuga sconto una parte del mio peccato di non saper apprendere dai miei errori. Così ho dovuto cambiare nick. Ma non stavo dentro la vasca da bagno, luogo delle mie migliori intuizioni. Perciò sono stata sul banale. l’usato sicuro. Almeno spero che lo sia. Invece per i morti di Boston e per quelli del terremoto le speranze sono finite. In fondo poteva capitarmi di peggio…