Forse sarebbe stato meglio fotterci il futuro

Durante lo scorso weekend il Latitante ha ripreso pieno possesso dell’appellativo con cui in questo blog viene chiamato. A dire il vero, fatta eccezione per i nostri sporadici e fugaci incontri, sono mesi che lo percepisco assolutamente lontano da me e perso nel suo mondo, nel quale, oltre ad avere un già menzionato ruolo marginale, mi ritrovo a competere, uscendone perdente, con MammaSuocera.

Non che la signora in questione sia cattiva né nulla di simile, magari un po’ troppo schietta, viste alcune uscite poco felici su mia madre, che nemmeno conosce, ma lascia intendere di essere una persona di buon cuore, sebbene anche piuttosto focalizzata su obiettivi che involontariamente interferiscono pesantemente nel mio rapporto con il Latitante.

E’ fermamente determinata a tenere il figlio a Megalopoli e lui è altrettanto fermamente determinato a non abbandonarla. Ergo, se i conti tornano, quella che resta da sola, in quanto giovane, forte, con un grande futuro davanti a sé e senza tragedie sulle spalle, sono io. Non avrei mai pensato di venire scalzata dalla suocera, nel mio immaginario, magari troppo banale, ci vedevo l’amante a spodestarmi, anzi, vista la mia scarsa autostima, ci avrei praticamente giurato.

Invece mi ritrovo a fare i conti con la più temibile delle avversarie, la donna che gli ha dato la vita, quella che ha lottato da sempre perché lui crescesse felice e con dei valori. Cosa posso opporre a simili affermazioni? Nulla.

Però penso: se sapevi che avresti dovuto occuparti di tua madre, perché hai cercato una compagna? E mi rispondo: per metterla sotto ghiaccio fino alla morte di mamma e poi decongelarla, pretendendo magari un paio di figli mediante procedura artificiale.

A precisazione: ho dei genitori, che, pur con i loro difetti, mi hanno insegnato ad essere indipendente. Per cui non ho mai sentito il bisogno di un uomo cui appoggiarmi per andare avanti nella vita.
Tuttavia, secondo un ragionamento che non mi sembra così folle, una coppia, che dichiaratamente percepisca il proprio rapporto in modo serio, dopo un certo numero di anni di passione (stile “la passione di Gesù Cristo”, per intenderci), dovrebbe quantomeno provare ad avvicinarsi.

Non è che voglia necessariamente convivere o sposarmi, ma mi piacerebbe che creassimo almeno un contesto in cui frequentarsi non voglia dire prendere un aereo, farsi un volo di due ore e mezza, spendere minimo 130€ per il biglietto, stare insieme tre giorni, tornare a casa distrutti e cominciare a contare perché passino tre mesi e ci si possa incontrare di nuovo.

Sono ridotta talmente male che ieri sera, mentre guardavo un film il cui protagonista aveva un tumore (non era un gran che, ma ero in mood patetico e mi è sfuggita qualche lacrima), mi è venuto da pensare che forse se prendessi un bel cancro potrei beccarmi un notevole avanzamento di posizione e magari il Latitante si ricorderebbe che nella sua vita ci ha messo anche me e che sarebbe ora di calcolare pure questa variabile nei suoi piani per il futuro.

Se questo fosse il blog di una sconosciuta , lungi dall’intervenire data la mia discrezione, non esiterei a pensare che il porre la parola “fine” ad un simile rapporto sarebbe l’unica soluzione.
Se si trattasse di un’amica le romperei letteralmente le scatole perché dicesse addio ad un compagno tanto noncurante di lei (quando voglio bene ad una persona divento molto insistente e stressante)
Ma trovandomi personalmente coinvolta tutto diventa terribilmente complicato. In fondo abbiamo avuto dei bei momenti, anche nel passato recente, e non ho mai provato un feeling così profondo e radicato con nessuno in vita mia.

Con lui c’è (c’era) quell’intesa immediata su ogni cosa, quel raccontarsi senza timore di giudizio, quell’esporsi in ogni millimetro del proprio corpo e della propria anima, quel riconoscersi affini fin dal primissimo istante. Mai con nessuno avevo mai sperimentato qualcosa anche di vagamente simile e sono certa che si tratti di uno di quegli “allineamenti astrali” che capitano una volta ogni mille anni.

E’ divertente pensare in retrospettiva a come ci si senta perfetti e speciali all’inizio di un rapporto, con quei “ti amo” che quando li pronunci ti fanno scoppiare il cuore e tremare ogni fibra e ancora non sai che col tempo diventeranno un semplice intercalare, obbligatorio alla fine di ogni sms.

Con quei giorni passati a letto a fare l’amore dall’alba al tramonto, fregandosene del fatto che fuori c’è un mondo intero che va oltre l’intreccio dei nostri corpi e che ci reclama, convinti che non ci sia nulla di davvero importante oltre a noi, nulla per cui valga la pena di separare la pelle mischiata.

Eppure il tempo è inesorabile nel logorare la fiamma, canaglia nel non spegnerla mai del tutto, e quella vita esterna torna alla ribalta delle nostre vite, le separa, con le cose importanti come con le piccolezze e tutto diventa più urgente ed improrogabile.
Ci mentiamo reciprocamente dicendo che stiamo risolvendo questioni pratiche, necessarie a darci un futuro stabile, ma costruiamo complicate architetture di lontananza.

Forse sarebbe stato meglio vivere tutto subito, bruciarci il futuro, la vita, le speranze. Al capolinea saremmo arrivati in ogni caso, alla morte emotiva, allo stare insieme per cause di forza maggiore e secondo il loro governo, ma per lo meno saremmo pieni di un vissuto forte e significativo o di un vissuto e basta, invece che essere vuoti di attesa e distanze.