La Datazione dei Fossili

Una decina di giorni fa si è consumato il mio primo anniversario di fidanzamento con Kid_A. Che brutta parola “consumare”. Mi fa pensare a una gomma. O a qualsiasi cosa sia rovinato e non più utilizzabile. Non nei limiti della decenza, per lo meno. Ma anche i rapporti si logorano. O si logoreranno. Tanto vale mettersi nell’ottica. In ogni caso, la verità è che io e Kid non abbiamo mai nemmeno remotamente pensato di ufficializzare il nostro rapporto. Alla nostra età siamo molto oltre l’ansia di voler aggiornare il nostro status su facebook. Che comunque non abbiamo. Ma lui aveva adocchiato un costosissimo ristorante di crostacei e gli serviva una buona ragione per andarci. Così una sera è rientrato trionfalmente dal lavoro annunciandomi che, sebbene in ritardo, era il momento di festeggiare. Avrei volentieri intavolato una disquisizione sull’insopportabile gusto dolciastro del granchio della Kamchatka. O sul fatto che certi luoghi, oltre ad essere di dubbia ubicazione geografica, abbiano anche nomi di cui non conosco né l’ortografia né la pronuncia. Ma abbiamo finito con l’inabissarci nei meandri storici della datazione del nostro rapporto. Sarebbe stato più facile piazzare un fossile nell’anno X del Paleolitico Superiore. Dopo dieci minuti di elucubrazioni sul nulla, mi sono resa conto che urgeva una soluzione. Qualsiasi cosa purché non fossimo costretti a passare tutta la serata sull’argomento. L’accordo si è trovato sull’undici Settembre. E si è trovato velocemente. Segno che nemmeno a lui, in fin dei conti, importava granché. Quel giorno stavamo in aeroporto. Il Ben Gurion. E già qui la questione parte comprensibilmente male. Stavamo sbrigando la classiche procedure di imbarco. Quelle che in Europa richiedono un’ora e in Israele tre. Prima di allora credo di aver sempre pensato che, bene o male, a casa mi ci avrebbero fatta tornare di diritto. In uno dei miei rientri da Londra, ad esempio, nessuno storse troppo il naso sul fatto che la mia carta d’identità fosse scaduta e che il passaporto fosse in fase di eterno rilascio presso gli uffici consolari. Ma a Tel Aviv ho capito che nulla è scontato . Perché ci sono paesi nel mondo dove ti lasciano entrare sulla fiducia, ma, al momento di rispedirti da dove sei venuto, ogni dubbio su tuoi eventuali intenti criminali deve essere dissipato. Tornando al punto, mentre attendevamo di avere i famigerati codici a barre, iniziò a girare voce che le coppie dovessero passare insieme i controlli. Non che la cosa mi riguardasse. Ma una vecchia ficcanaso che viaggiava con noi ebbe la brillante idea di rivolgersi al personale denunciando me e Kid_A come coppia renitente. Il suo inglese era piuttosto strampalato. Ma il concetto venne comunque colto al volo. All’epoca noi due ci conoscevamo sì e no da una settimana. Ci stavamo calcolando da un paio di giorni. E sebbene, in fatto di matematica avessimo già approfondito, dover rispondere a domande sulla nostra relazione mi risultò indigesto. Nell’arco di mezz’ora mi trovai a spiegare a quattro diverse persone che non eravamo sposati, né fidanzati, non vivevamo nello stesso appartamento e non avevamo intrapreso quel viaggio insieme. Nel frattempo avrei avuto anche io un paio di quesiti da porre. Il primo rientra nella categoria dei grandi interrogativi esistenziali. Quelli destinati in ogni caso a rimanere privi di risposta. Ovvero perché la gente sia geneticamente incapace di farsi gli affari propri. Il secondo era un po’ più terreno. Mi chiedevo chi dei due fosse stato individuato come terrorista. Avendo il passaporto immacolato mi sentivo abbastanza tranquilla. Credevo ingenuamente che i miei trascorsi siriani potessero considerarsi dimenticati. Per cui ho minimizzato sulla mia relazione con Kid, sperando di passarla liscia. Ma con un bel cinque a fine codice sono stata smontata e rimontata. Con tanto di addetti che si scusavano ogni trenta secondi per i disagi che mi stavano arrecando. Roba da sfoderare un fucile a ripetizione e dar loro un buon motivo di nutrire tanti sospetti sul mio conto. Nel mezzo di tutto questo mi sono trovata divisa da Kid. Dev’essere che il severo dio dell’Antico Testamento disapprovava la nostra liaison. E non saprei come dargli torto. Così mentre lui passava il metal detector con due bottiglie di vino nel bagaglio a mano, io ero impegnata in patetici teatrini con addetti aeroportuali vari, i quali, senza mai smettere di sorridere e di fare la faccina costernata, esaminavano le mie proprietà fino all’ultimo paio di mutande sporche. Credo di aver capito il senso dell’arrivare in aeroporto con largo anticipo sull’orario d’imbarco. O forse no. Visto che in seguito non ho mancato di incrementare la mia collezione di voli persi o presi per la coda. Con Kid_A ci siamo ritrovati per puro caso un’ora dopo. Di fronte ad una grande fontana. E ci siamo giurati amore eterno. Ovviamente non è vero. Lui si è limitato a dirmi “Sfigata, ma che giri hai fatto nella tua vita?”. Ma un po’ di sano romanticismo darebbe senso alla datazione del nostro rapporto. Perciò gli ho proposto di fingere che le cose fossero andate così e prenotare il ristorante per il giubileo dell’anno uno. Anche se i crostacei non mi entusiasmano affatto.